Tumore Maligno Prostata E Sue Terapie

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Prostatectomia Radicale Extraperitoneale VideoLaparoscopica HD-3D
Il tumore maligno della prostata è la più frequente neoplasia dell’uomo con un’incidenza statistica del 12%. E’ raro nei soggetti di età inferiore ai 40 anni e aumenta progressivamente con il passare dell’età. Esiste una famigliarità, con una incidenza statistica del 9% di forme ereditarie.
Nelle sue fasi iniziali è confinato alla ghiandola prostatica, attualmente si ha un percentuale statistica di diagnosi di malattia organo-confinata del 90-91%. Il tumore maligno della prostata può restare asintomatico per lungo tempo, può presentare in alcuni casi una crescita lenta, mentre in altri casi, soprattutto pazienti più giovani, può presentare una crescita più veloce essendo più aggressivo e potendo diffondersi velocemente alle altri parti del corpo. Le conoscenze scientifiche attuali non permettono con certezza di sapere se un tumore maligno della prostata sarà più o meno aggressivo. Quindi di fronte ad una diagnosi di tumore maligno della prostata, lo Specialista quasi sempre opta per una terapia, anche se questa talvolta porta a trattare dei tumori che non avrebbero modificato l’aspettativa di vita del paziente. Questo fenomeno viene definito “overtreatment”.

Si distinguono 4 forme di presentazione clinica del tumore maligno della prostata:
1) clinicamente e/o sierologicamente manifesta: esplorazione rettale sospetta e/o PSA elevato. Ricordiamo che il PSA è un’indicatore prostatico non un marcatore specifico del tumore maligno della prostata, di conseguenza un’aumento del PSA può essere dovuto anche ad altre cause, fra le quali le più comuni sono l’ipertrofia prostatica e infiammazioni prostatiche molto spesso anche asintomatiche.
2) incidentale: in seguito ad esame istologico di tessuto prostatico asportato per intervento disostruttivo dell’ipertrofia prostatica (T.U.R.P. Bipolare - Adenomectomia Prostatica VideoLaparoscopica HD-3D - H.O.L.E.P. - Adenomectomia prostatica tradizionale aperta).
3) occulta: caratterizzata da disseminazione metastatica con obiettività prostatica negativa.
4) latente: biologicamente non significativo (reperto autoptico; diagnosi istologica durante l’esame del complesso anatomico della cistectomia radicale).

A prescindere dal fatto che il tumore può essere diagnosticato in assenza di disturbi, molto spesso la sintomatologia è caratterizzata dai disturbi minzionali secondari all’ipertrofia prostatica ostruttiva. Meno frequentemente l’esordio è caratterizzato dalla comparsa di emospermia, ritenzione urinaria, anuria e sintomatologia dolorosa osteo-articolare.

La diagnosi si basa sulle seguenti indagini:
1) dosaggio del psa totale, psa libero, rapporto libero/totale.
2) eventuale dosaggio di altri marcatori derivati dal psa: PHI - PCA3
3) esplorazione rettale
4) RM multiparametrica della prostata v 5) biopsia prostatica a saturazione ecoguidata transrettale che può essere anche effettuata con il sistema Fusion (Fusion-Biopsy) quando la RM evidenzia aree sospette all’interno della ghiandola prostatica.
Una volta diagnosticato il tumore maligno della prostata, viene valutata la sua aggressività attraverso la classificazione di Gleason, il Gleason Score e la classificazione TNM.
Attualmente, il PSA, il Gleason Score e lo Stadio Clinico, sono le variabili utilizzate per la scelta della terapia più appropriata.

Individuata la classe di rischio a cui appartiene il paziente, lo Specialista valuta le diverse opzioni terapeutiche che sono:
1) terapia chirurgica
2) radioterapia che può essere esterna e/o interna (quest’ultima nota come brachiterapia)
3) terapia endocrino-ormonale
4) terapia di II livello (chemioterapia)
5) sorveglianza attiva
6) vigile attesa
Per i tumori maligni della prostata localizzati o localmente avanzati alla diagnosi, il gold standard terapeutico è rappresentato dall’intervento chirurgico di Prostatectomia Radicale che a seconda dello stadio clinico può essere o meno associato a linfoadenectomia pelvica (la linfoadenectomia ha solo un valore diagnostico e non terapeutico).
Attualmente i dati scientifici dimostrano che l’intervento chirurgico è l’unica terapia per il carcinoma prostatico localizzato ad aver evidenziato una maggior sopravvivenza tumore-specifica. v Riguardo alla radicalità oncologica dopo prostatectomia radicale, in letteratura scientifica sono riportate sopravvivenza libere da malattia a 15 - 20 anni intorno al 85 - 90 %.
La prostatectomia radicale consiste nella rimozione in blocco della prostata con le vescichette seminali e nel confezionamento di un’anastomosi uretro-vescicale per ripristinare la continuità del basso apparato urinario.

Le principali tecniche chirurgiche per questo intervento sono:
1) prostatectomia radicale extraperitoneale VideoLaparoscopica in HD (alta definizione) e in 3D (visione tridimensionale)
2) prostatectomia radicale Videolaparoscopica HD - 3D Robot-Assistita.
3) prostatectomia radicale Retropubica tradizionale a cielo aperto
4) prostatectomia radicale Perineale a cielo aperto.
E’ necessario sottolineare che i risultati funzionali, oncologici e il decorso postoperatorio della prostatectomia radicale Videolaparoscopica HD-3D e della prostatectomia radicale Videolaparoscopica HD - 3D Robot-assistita sono praticamente sovrapponibili.
Infatti, si tratta sempre di chirurgia Videolaparoscopica HD-3D, dove nel primo caso è il chirurgo che muove direttamente i microstrumenti chirurgici laparoscopici (definita anche laparoscopica pura), nel secondo caso i microstrumenti laparoscopici sono mossi dalle braccia del robot e il chirurgo guida il robot seduto ad una consolle e utilizzando dei joistick.
Durante l’intervento si possono verificare della circostanze che rendono necessaria la conversione dalla tecnica mini-invasiva videolaparoscopica alla tecnica tradizionale a cielo aperto.
La percentuale statistica di conversione è pari al 0,5 - 1%.
La prostatectomia radicale extraperitoneale videolaparoscopica HD - 3D consiste nell’effettuare delle piccole incisioni cutanee di pochi mm sull’addome inferiore (sotto l’ombelico), attraverso le quali vengono posizionate delle canule, i trocar, che permettono di accedere all’interno del corpo nello spazio pelvico extraperitoneale.
Quindi viene insufflato un gas innocuo in modo da creare uno spazio operatorio e attraverso i trocar vengono inseriti gli strumenti microchirurgici ed una telecamera che trasmette le immagini ingrandite di oltre venti-trenta volte rispetto alla normale vista umana su un monitor ad alta definizione (HD) e nelle tre dimensioni spaziali (3D).
Al termine dell’intervento, la prostata con le vescichette seminali ed eventualmente i linfonodi vengono estratti dal corpo per mezzo di un sacchetto, chiamato endobag, attraverso un’incisone cutanea di accesso di un trocar, in genere quello sottombelicale.

I principali vantaggi della prostatectomia radicale laparoscopica extraperitoneale HD-3D rispetto alla prostatectomia radicale tradizionale a cielo aperto sono:
1) un rischio assolutamente più basso di sanguinamento con una netta riduzione della necessità di emotrasfusioni.
2) una migliore visualizzazione dei piani anatomici grazie al sistema HD-3D che permette un’atto chirurgico assolutamente più preciso e millimetrico, praticamente una microchirurgia, come nel caso dell’apice prostatico e dei fasci neuro-vascolari.
3) una migliore e più precisa esecuzione dell’anastomosi uretrovescicale, con significativa riduzione delle fughe d’urina nel postoperatorio e un più rapido ritorno alla continenza urinaria
4) minor tempo di permanenza del catetere vescicale.
5) un recupero delle funzioni fisiologiche del corpo più veloce e quindi un più breve tempo di ospedalizzazione e un più rapido ritorno alla vita quotidiana e lavorativa.
6) un dolore postoperatorio assolutamente ridotto (in alcuni casi quasi assente) con un minor utilizzo di analgesici.
7) un più basso rischio di infezioni esterne, essendo una “chirurgia al chiuso” senza incisione di apertura del corpo.
8) un azzerato rischio di ampi e voluminosi laparoceli (formazione di voluminose ernie attraverso la ferita chirurgica per suo cedimento) in quanto non ci sono ampie incisione chirurgiche.
9) una più bassa incidenza statistica delle complicanze intraoperatorie e postoperatorie rispetto alla stessa procedura chirurgia eseguita con tecnica tradizionale a cielo aperto
10) un tempo operatorio che è simile ai tempi operatori dell’intervento chirurgico a cielo aperto. Chiaramente il tempo operatorio può variare in base alla tipologia del soggetto operato (habitus corporeo, precedenti interventi chirurgici che possono aver causato sindromi aderenziali cicatriziali). Il Principio Portante è: il tempo operatorio necessario per svolgere il miglior intervento chirurgico a favore della persona sottoposta alla procedura.
Terminato l’intervento, il paziente resta a letto il giorno della procedura chirurgica e dal giorno successivo, se non ci sono controindicazioni, inizia una mobilizzazione attiva e un’ alimentazione libera e progressiva.
Con un decorso post-intervento regolare, il paziente può essere dimesso dalla struttura sanitaria in 3 o 4 giornata postoperatoria, con il catetere vescicale in sede raccordato al sacchetto raccolta urine tipo cosciale che verrà successivamente rimosso in ambulatorio.
Al contrario, se il paziente preferisce per una sua maggior tranquillità, può essere dimesso in sesta giornata quando viene rimosso il catetere vescicale.

Le possibili complicanze della prostatectomia radicale extraperitoneale VideoLaparoscapica HD - 3D si distinguono in:
a) intra operatorie
b) post operatorie (sia durante la degenza ospedaliera che al domicilio del paziente)

Nell’ambito delle prime abbiamo:
- lesione del retto (0,3% - 3%)
- lesione dell’uretere (0,1%)
- complicazioni vascolari (0,03% - 0,2%)
- complicanze anestesiologiche (0,1%)
- complicanze medico-internistiche: cardiache, respiratorie, metaboliche, vascolari, ecc.. (0,5% - 1%)

Nell’ambito delle seconde abbiamo:
- anemia postoperatoria e trasfusione di sangue (1,9%)
- perdita d’urina dall’anastomosi uretro-vescicale (0,7%)
- ileo paralitico (0,7%)
- complicazioni intestinali (0,2%)
- linfocele ossia una raccolta saccata di linfa in seguito a linfoadenectomia, quando questa viene eseguita (0,2%)
- ritenzione urinaria (1,5%)
- stenosi cicatriziale dell’uretra e/o dell’anastomosi uretro-vescicale (0,1% - 1%)
- complicanze medico-internistiche: cardiache, respiratorie, metaboliche, vascolari, ecc..(0,5 - 1%)
- micro-laparoceli dalle sedi d’incisione dei trocar (0,1%)

Gli effetti collaterali più comuni dell’intervento di prostatectomia radicale sono:
- incontinenza urinaria. Subito dopo la rimozione del catetere vescicale, il paziente inizierà un training di riabilitazione per il recupero della continenza urinaria.
- deficit erettile. Il paziente inizierà dopo la rimozione del catetere, in genere a 40 giorni di distanza dall’intervento, una terapia riabilitativa della funzione erettile che ha anche l’obiettivo di evitare una atrofia dei corpi cavernosi.

Per quanto riguarda il recupero della continenza urinaria dopo prostatectomia radicale videolaparoscopica HD-3D, i dati statistici scientifici sono:
- il 23,7% dei pazienti risulta continente subito dopo la rimozione del catetere vescicale.
- il 50% dei pazienti risulta continente dopo 4-8 settimane dall’intervento.
- il 90% dei pazienti risulta continente dopo 3 - 6 mesi dall’intervento.
- il 95,2% dei pazienti risulta continente dopo 12 mesi dall’intervento
- nell’ambito del 4,8% dei pazienti non asciutti dopo 12 mesi dall’intervento, 1% è totalmente incontinente, il restante 3,8% utilizza uno o più salva-slip o pannolini in base all’intensità degli sforzi fisici quotidiani eseguiti.

Per 1% dei pazienti totalmente incontinenti, il problema può essere risolto con un intervento chirurgico di posizionamento di sfintere urinario artificiale interno.
Per il 3,8% dei soggetti con una lieve o modica incontinenza urinaria, dopo aver valutato clinicamente la reale ed effettiva incontinenza urinaria, la possibile soluzione consiste nell’intervento chirurgico di posizionamento di uno sling sottouretrale (T.O.T. Advance).
Durante l’intervento di prostatectomia radicale videolaparoscopica HD-3D, se lo stadio clinico lo consente, si possono conservare monolateralmente o bilateralmente i fasci neuro-vascolari deputati all’attività erettile (prostatectomia radicale videolaparoscopica intra-fasciale nerve-sparing).
Nonostante i fasci neuro-vascolari possano essere conservati, questi debbono essere scollati e mobilizzati dalla capsula prostatica, in quanto si trovano postero-lateralmente ed esternamente alla capsula prostatica stessa, nell’ambito delle fasce che avvolgono la capsula prostatica (fasce periprostatiche).

Questa manovra chirurgica di conservazione dei fasci, determina un fenomeno medico detto neuroprassia cioè un fenomeno di “stiramento” dei nervi per cui nel post-operatorio non riescono a condurre l’impulso nervoso.
Scientificamente si ritiene che il tempo di risoluzione della neuroprassia vada da 12 a 24 mesi dopo l’intervento. In questo periodo il paziente, dopo la rimozione del catetere, verrà sottoposto ad una terapia medica riabilitativa della funzione erettile.
Nel recupero della funzione erettile dopo prostatectomia radicale intra-fasciale videolaparoscopica, un ruolo fondamentale è giocato dall’età del paziente e dalle eventuali patologie pregresse o associate (diabete mellito, ipertensione arteriosa, patologie cardiache, patologie vascolari ecc..).
Dopo un periodo di 12 - 24 mesi di terapia medica riabilitativa per il ripristino della funzione erettile, il paziente ha il 50% di possibilità di recuperare un’attività erettile spontanea e il 50% di possibilità di dover utilizzare in modo continuativo o al bisogno una terapia medica di supporto oppure in alternativa a questa di sottoporsi ad intervento chirurgico d’impianto protesi peniena.
Una volta eseguito l’intervento di prostatectomia radicale, si avrà un esame istologico definitivo.

Se questo confermerà i dati clinici pre-operatori di patologia confinata all’interno della ghiandola prostatica, non si renderanno necessari ulteriori terapie adiuvanti (successive). Al contrario se l’esame istologico definitivo dimostrerà che la patologia non è più confinata all’interno della ghiandola prostatica, il paziente dovrà sottoporsi ad un ciclo di Radioterapia esterna adiuvante della zona operata a scopo di sterilizzazione.
Nei casi di presenza di malattia a livello linfonodale, il paziente verrà anche sottoposto a terapia endocrino-ormonale.
Dopo l’intervento di prostatectomia radicale, il follow-up oncologico viene effettuato mediante dosaggio del PSA. In relazione alla cinetica di eliminazione bifasica del PSA, il suo primo dosaggio viene eseguito trascorsi 40 giorni dall’intervento e dovrebbe risultare negativo o indosabile.

In seguito dovrà essere effettuato ogni 6 mesi per i primi 3 anni e poi una volta all’anno per i successivi 3 anni. Qualora nel corso del follow-up oncologico, si verificherà un’incremento progressivo e costante del PSA, oltre un certo valore, il paziente verrà sottoposto a tutte le indagini diagnostiche-strumentali necessarie per comprenderne la ragione.
In seguito, se necessario il paziente dovrà sottoporsi a Radioterapia e/o terapia endocrino-ormonale.



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